Per Maurizio T.

Caro Maurizio, io non ti ho mai dato del tu, non che fosse per me un cruccio o cosa, era solo perché a entrambi piaceva conservare un tocco di antico nella confusione della modernità e di tutto quello che è venuto dopo.
Perché avevi una dote – tra le altre- che ti rendeva straordinario: era quella tua capacità di far vivere le cose oltre ogni tempo, il tuo nutrire le radici senza badare ad orpelli inutili.
Sarà per questo che domenica scorsa a tanti di noi è sembrato impossibile che te ne fossi davvero andato. Sono certo che in molti abbiamo pensato a uno scherzo che la vita ci aveva fatto, prima a te e poi a noi, uno scherzo pesante, serio, che si fa molta fatica ad accettare e ancor di più a capire.
Uno scherzo ostinato, brutto, tignoso.
Così siamo andati sulla spiaggia, la “tua” spiaggia, il posto dove era più probabile trovarti, e abbiamo preso a cercarti. Ciascuno a modo suo.
Io ho trovato questo. Perché non potendoti facilmente rivedere, ho ripreso le due cose che meglio ti raccontavano: la saldezza quieta di un tronco d’albero e la forza tumultuosa del mare.
Tutto il resto, forse, lo ritroveremo in un tuffo, o in un sasso. Uno di quelli che amavi raccogliere e portare a casa, come un ospite, come gli ospiti che amavi accogliere e sorprendere.
Lo ritroveremo nelle profondità che evocavi con la dolcezza di chi ha una forza non comune: profondo cuore, profondo mare.