Il matrimonio di Fredo

“Fredo?!”
Non lo chiamava così da anni, il vecchio.
“Cos’è che fai domani?”
“Domani devo sposarmi”.
“Io non posso venire”.
“Sarebbe a dire?”
Alfredo era arrivato puntuale, subito dopo don Piero, quella strana figura a metà fra un parroco e un sacrestano, insieme alla sensazione di star puntando un bel pezzo della sua vita ad una specie di casino mistico.
“E’ tutto a posto”, gli aveva detto per prima cosa il prete.
In più, che almeno per gli addobbi il miracolo era stato fatto. Ora la chiesa risplendeva in tutto il fragore dei fiori di primavera, profumatissimi gigli e rose di diverse varietà, la luce irrompeva dai rosoni cromati della cupola creando un caleidoscopico gioco di colori, e fra tutto risaltavano le piccole palme africane.
Dopo un po’ che era entrato, guardando i mosaici sulle pareti Alfredo aveva riconosciuto San Francesco. La visione gli aveva procurato una strana, banale sensazione. Si era sentito come una pecorella smarrita, che suo fratello, un Francesco molto meno famoso, aveva ricondotto all’ovile.
Poi era cominciato l’arrivo degli invitati, vecchi incartapecoriti dalla dizione impeccabile e giovani abbronzati dai visi plastificati, che gli tiravano addosso la parola auguri quasi allo stesso modo in cui si porge una banconota nuova di zecca, e il senso di smarrimento era ritornato più forte di prima.
Avrebbe voluto addormentarsi per cent’anni.
Agata entro che la chiesa era gremita e l’organista attaccò con la marcia nuziale. Non ebbe nemmeno il tempo di pensare che già il suocero imminente gli consegnava la sposa. Sì guardò intorno, in cerca di conforto. Non ne trovò, e vide che la madre non aveva accanto a se il vecchio padre e si ricordò della notte precedente, quando era rientrato da un addio al celibato dai connotati piuttosto anonimi.
Le parole gli risuonarono in mente come riprodotte da un nastro magnetico.
“Cos’è che fai domani?”
“Domani devo sposarmi”.
“Io non posso venire”.
“Sarebbe a dire?!”
“E’ scoppiata una rivoluzione. Chiapas, Mexico”. L’anima guerrigliera del vecchio era ancora viva.
Fredo tutto d’un tratto ha un’illuminazione. Mentre il prete prosegue l’omelia, lui sente un impulso irresistibile spingerlo fuori dalla chiesa. Non si rende nemmeno conto del brusio di stupore che sale verso l’alto mentre si allontana.
Fuori il vecchio lo aspetta seduto al volante di una vecchia Renault 4.
Apre il portello dell’auto. Sente il rumore dell’accensione ripartire ancora una volta.
© Gianni Aniello 1998 All rights reserved
Questo racconto fu scritto nel 1998 durante il lavoro che portò alla pubblicazione de “Il racconto breve”, Edizioni del Delfino, 2000. all’epoca l’internet era agli albori eppure la misura e lo stile si sposano oggi perfettamente a una pubblicazione su web. L’idea editoriale e il coordinamento del gruppo di lavoro fu di Giannino Di Stasio, persona generosa e competente che spesso ha avuto idee che hanno precorso i tempi.