Real Albergo dei Poveri, quell'inaugurazione con la memoria corta
Il 7 maggio si è inaugurato lo spazio per senza fissa dimora nel Real Albergo dei Poveri. Una bella iniziativa targata Comune di Napoli e Rotary club international. Che hanno dimenticato di invitare il RTP Croci-Repellin, il cui contributo è stato decisivo
C’è un vizio antico nella storia di Napoli: quello della dimenticanza. Una dimenticanza che coinvolge tutti, travolta dai mille colori e dalle feste di piazza, dallo scordarsi il passato di fronte ai disastri e alle tragedie e dal sole che, secondo lo story telling ancora predominante, bacerebbe la fronte dei napoletani, rallegrandoli.
La memoria partenopea procede a balzi e a sussulti, ammira, a volte sguaiatamente, il lato emozionale e tende a negare quello oggettivo. D’altronde siamo tutti uguali di fronte al Vesuvio, meglio godere oggi che del doman non v’è certezza. Il passato? E’ andato come è andato.
Sarà forse questa una delle ragioni per cui l’immenso patrimonio culturale e monumentale della città fa fatica ad essere pienamente valorizzato, a trovare un riuso, una funzione nella caotica gestione collettiva, somma spuria di individualità.
Ed è per questo che ogni volta che a Napoli si riesce a realizzare qualcosa che rappresenta un piccolo passo che va nella direzione inversa, restituzione dei suoi spazi e dei suoi monumenti a un uso sociale, il passato che ritorna attuale e si fa presente, è una conquista preziosa, di cui va fatto avamposto, modello da imitare.
E’ stato con questo spirito che, fin dal gennaio del 2013 i professionisti del Raggruppamento Temporaneo con capigruppo il professore (e ingegnere) Giorgio Croci e l’architetto Didier Repellin – insieme con tanti tecnici collaboratori e consulenti che da anni dedicano il proprio lavoro alla causa – avevano accolto le richieste di un gruppo di competenti e volonterosi cittadini (molti dei quali stimati professionisti e addetti ai lavori). Lo scopo era di dare forma, in alcuni ambienti del Real Albergo dei Poveri, alla pianificazione di un centro di accoglienza per senza fissa dimora. Dopo aver redatto un compiuto progetto definitivo, si cercavano i finanziamenti per procedere all’esecuzione. L’occasione si presentò quando, nel 2015, l’architetto Francesca Brancaccio, uno del componenti del Raggruppamento, invitata ad esporre il progetto “Spazi di accoglienza per senza fissa dimora” in occasione della giornata “Ho una casa nella testa” a Palazzo Marigliano, pensò di suggerire al Comune di Napoli di destinare a parte di questa iniziativa un finanziamento del club Rotary International, adottando in qualche modo il progetto redatto insieme con il comitato Real Albergo dei Poveri. Il “mettere in contatto”, ovviamente, si è tradotto nella necessità di operare uno stralcio progettuale “Spazio docce” misurato sui finanziamenti disponibili, e renderlo esecutivo, in giorni, mesi, persino anni di riunioni, incontri diurni e serali, telefonate, messaggi, con conseguenti ulteriori modifiche ed adeguamenti dei grafici e della documentazione.
Tutto è stato fatto a titolo autenticamente gratuito. “Autenticamente” nel senso che non si aspettavano nulla in cambio, men che mai passerelle, medaglie o ringraziamenti: il bene comune sembrava la forma di gratificazione più importante.
Quando i componenti del RTP e i loro consulenti sono venuti a conoscenza, attraverso la stampa, che pochi giorni fa c’è stata l’inaugurazione del centro da loro progettato e realizzato senza alcuna consultazione dei legittimi progettisti, e senza che nessuno si fosse ricordato di invitarli, ci sono rimasti di stucco.
A poco sono servite le scuse – anche se apprezzate – del comune di Napoli, perché non erano alla ricerca di una (piccola) ribalta tardiva. L’unica cosa che davvero avrebbero voluto è vivere la piccola, privata emozione di una inaugurazione, con discrezione, fra tanti, per vedere che il frutto del loro sacrificio e del loro lavoro poteva diventare concretamente utile ad altri, ancor meglio se persone in difficoltà.
Di godere, con quell’espressione di dignità che tante volte hanno visto negli operai che hanno guidato nelle direzioni dei lavori, anche nell’Albergo dei Poveri, quell’aria da persone giuste e soddisfatte, avendo davanti ai propri occhi l’esempio realizzato della propria fatica.
E’ stata una dimenticanza, ma non è stata una dimenticanza casuale. Semmai la solita rimozione. Perché nessuno dei soggetti promotori il Rotary club, il Comune di Napoli, che, insieme con il comitato promotore, molte volte sono stati incontrati per illustrare e discutere i lavori di avanzamento della progettazione, si è ricordato di invitare i progettisti?
Questione di antipatie, di accaparrarsi le luci dei riflettori, di ingratitudine? Crediamo sia nessuna delle tre.
Napoli è fatta così, ha la memoria corta. O almeno una certa Napoli. Non ha considerazione – e quindi rispetto – per chi lavora, perché è troppo occupata a specchiarsi nel racconto di sé. Le piace raccontare di lavorare, più che farlo, e lo fa a suon di fanfare perché nessuno possa dubitarne. Se non fosse così, non si potrebbe dimenticare di chi quotidianamente – ce n’è tanta di gente così, più di quanto si pensi – e spesso eroicamente, viste le condizioni avverse, riesce a produrre cose eccellenti e a volte straordinarie. Non dimenticherebbe la piccola generosità di talune persone. Molti hanno la perseveranza di continuare a lavorare anche per questa Napoli. Però, ci si chiede quanto sia possibile continuare ad accettare questa memoria corta. Che si tolga, con disinvoltura, la possibilità di assistere con un sorriso silenzioso e orgoglioso al senso compiuto del lavoro. E non perché si pensi che sia più importante gratificare le persone che si impegnano nel lavoro piuttosto che aiutare quelli che ne hanno bisogno. Ma proprio per questo motivo: è dando dignità al lavoro, in ogni occasione e in tutte le sue forme, che si creano le condizioni perché tutte le persone si riconoscano come soggetti di una civitas.
Sublime!
Grazie, Claudio. Il caffé è pagato 🙂
Una sintesi perfetta di un male antico e purtroppo ancora attuale
Sempre la stessa storia. ….. ma andiamo avanti e costruiamo cultura …
Una storia che si ripete troppe volte, ma che non per questo non fa male ogni volta!(lasciatelo dire da uno che ci è passato….). Non perdiamo comunque il desiderio di fare, queste miserie lasciamole agli altri.
Grandi, veri professionisti e soprattutto gente di grande animo umano sono i componenti dello studio B5 ai quali invio un caloroso plauso per il loro grande operato, anche se a volte viene taciuto da chi, invece avrebbe il dovere di divulgare.