Una casa con le ruote
Il blog di un belga-napoletano
5. Sophie
Lasciato Nick all’areoporto ero indeciso se proseguire verso Ovest, direzione Spagna, o fare tappa ad Antibes.
Lì vivono due miei ex colleghi. Lei, Sophie, è l’ex braccio destro del rivenditore francese che acquistava barche dal cantiere italiano per cui ho lavorato sei anni, un record che non credo riuscirò più a battere. Io facevo pubbliche relazioni e commerciale, traducevo e gestivo gli ordini per i pezzi di ricambio per la Francia, e così finivamo per incontrarci spesso e ancor più spesso con l’accompagnare a cena i clienti, soprattutto quando c’era bisogno di addolcire un ritardo di consegna o quando nasceva qualche intoppo. Allo stesso modo mi veniva affidato il compito di andare a prenderli all’areoporto e accompagnarli in giro. Non mi dispiaceva farlo, il francese è una delle mie lingue madri e a me piace mettere le persone a proprio agio.
Sophie all’epoca si calava nella parte della donna in carriera con facilità tanto impressionante quanto irritante. Troppe volte finiva con l’essere insopportabile, almeno per me, altre cercava di sedurmi facendo leva sul fascino della sua posizione, ma io non nutrivo alcuna attrazione per lei. Nonostante il mio ripetuto darle buca, siamo rimasti amici e mi ha sempre invitato ad andare a trovarla.
La Spagna può attendere, stavolta la prendo in parola.
Sono arrivato a casa sua dopo una giornata di viaggio abbastanza stressante, che in coda mi ha riservato un bel po’ di traffico.
“Villa numero nove”, mi aveva scritto. Quando l’ho vista mi è scappata subito una risata. Conservava ancora molti dei tratti con cui l’avevo conosciuta, a cominciare dalla villa di colore giallo in stile campagna Provençal e con annessa piscina. Lei era fuori il cancello elettronico, teneva a bada il suo cane da caccia piuttosto nervoso. Mi ha accolto con un sorriso sincero e con tutti gli onori.
Poi mi ha presentato la figlia diciottene, Julie, che da lei ha ereditato la pelle bianchissima, e il figlio sedicenne, Tom, con la faccia piena di brufoli. Due nomi che legano bene, anche se la ragazza mi è sembrata molto in gamba e il figlio invece un po’ tonto e per niente collaborativo.
Mi fa strada. Arriviamo al patio della villa, dove con bel senso di ospitalità è pronta una bottiglia di vino con alcuni bicchieri e delle ciotole di olive e tarallini italiani. Mi sorprende piacevolmente: sembra un omaggio all’Italia e ai vecchi tempi.
Sul tavolo e sulle poltrone sono sparsi alcuni libri di scuola.
“Tom ti avevo chiesto di mettere in ordine!” – grida al figlio che è rientrato.
“Mi fa disperare, della scuola non vuole proprio saperne”, poi aggiunge a voce bassa rivolta a me.
“Julie per fortuna è l’esatto opposto. Pensa che tra due giorni parte per la Svizzera, dove ha un fidanzatino che fa il cuoco, e ha già preparato tutto”.
Abbiamo cenato con vino, bistecca e insalata, tutto di eccellente qualità.
E abbiamo parlato tanto, erano dieci anni che non ci vedevamo. Del nostro ex lavoro, e stavolta senza riserve, raccontando verità che all’epoca spesso ci nascondevamo; e della nostra vita: è stata licenziata qualche anno fa e per lei è stato un colpo durissimo, perché non viveva che di quello. Eravamo agli estremi. Io il lavoro cercavo di evitarlo il più possibile, non vedevo l’ora che finisse.
Lei in quegli anni aveva un ego grandissimo, si sentiva importante e rispettata.
Da un giorno all’altro il vuoto.
“Ho iniziato a uscire tutte le sere e a farmi di coca”, mi ha confessato senza filtri.
“Dopo appena tre mesi ne ero dipendente. Sono riuscita a smettere meno di un anno fa, quando è morto il mio ex marito. I miei figli vivevano con lui. Per vent’anni sono stata solo una donna in carriera e nient’altro, poi, sempre da un giorno all’altro, mi sono ritrovata tossica e madre di due adolescenti a tutti gli effetti. Ho dovuto smettere per forza”.
Oggi riesce a vivere grazie al fitto del suo lussuoso appartamento in centro, mentre lei e i figli si sono stabiliti nella villa che era di suo padre. Il padre di Sophie peraltro l’ho conosciuto durante uno dei miei viaggi, in Polinesia. Prima sergente dell’esercito e poi uomo d’affari, era abbastanza rude e metteva la posizione sociale prima di ogni altra cosa. Nonostante fossimo molto diversi, riuscimmo comunque a condividere dei momenti divertenti.
“Con lui non ho più nessun rapporto e pure con mia sorella non vado d’accordo”.
Eppure, mi dico mentre dò uno sguardo intorno a me, questa villa sembra avere una certa armonia. C’è cura, ordine, pulizia e gusto nell’arredamento.
Poi scopro che Sophie riesce a essere madre solo con il figlio maschio, con la femmina deve affidarsi. A volte le difficoltà fanno crescere in fretta, penso quando la figlia viene a salutarci e a raccomandarle le cose che di solito dice una madre. Chiudere bene le imposte e spegnere le luci interne. In realtà è la figlia a gestire la casa a organizzare la vita familiare.
Siamo rimasti soli.
“Non hai idea di quanto è difficile vivere senza coca”, si è lasciata scappare mentre si scolava l’ultimo bicchiere di vino.
“Mi è rimasto solo questo”, ha aggiunto con uno sguardo annebbiato dall’alcol.
Mi ha fatto una profonda tenerezza. Anima persa, come molti di noi. Viviamo in un mondo dove la gente finge di sapere quello che fa e di gente che si perde facendo carriera. Incontro pochissime persone in pace con se stesse. Sophie non è che l’ennesimo equivoco di un mondo balordo.
Anche se mi invita a dormire in casa, con gentilezza le rispondo che ormai sono abituato al mio furgoncino.
Mi accompagna fino al portello.
“Vuoi nient’altro?”, poi mi chiede, come faceva ai vecchi tempi.
La mia voce universale mi suggerisce di far finta di niente.
“Grazie per la cena e per la bella serata”, rispondo affettuosamente.
Il sesto capitolo, “Renaud”, sarà disponibile a partire dal 14 aprile 2020 alle ore 8.